Abbiamo traslocato

•15 aprile 2013 • Lascia un commento

Ci siamo trasferite al sito

http://www.ilfilodatorcere.com

Troverete gli stessi contenuti, in una grafica rinnovata.

Venite a filare con noi!

Il nuovo ovile

•28 marzo 2013 • Lascia un commento

Breve comunicazione per dirvi che….rullo di tamburi….Il filo da torcere trasloca!!

Ebbene sì, stiamo costruendo il nostro nuovo sito. Al momento troverete solo una pagina con grafica provvisoria, ma speriamo di tornare tra pochi giorni in tutto il nostro splendore e con tanti nuovi contenuti… Se nel frattempo siete curiosi di dare un’occhiata al nostro futuro ovile, fate un giro su

www.ilfilodatorcere.com

To be continued…

La filatrice di Corfù

•21 febbraio 2013 • Lascia un commento

Oggi vi regalo un piccolo cameo, la vivace descrizione di una filatrice greca tratta dallo splendido romanzo “La mia famiglia e altri animali” dello zoologo inglese Gerald Durrell. Nel libro l’autore racconta la sua permanenza sull’isola di Corfù tra gli anni 1935-1939 quando lui, appena ragazzino, scopre con occhi sorpresi e sognanti una natura e una civiltà ancora pure e incontaminate. E’ un romanzo che vi consiglio con il cuore, perché la sua lettura rende allegri e riappacifica con il mondo.

«Poi c’era Agathi, la grassissima e sempre allegra Agathi, che viveva in una piccola casupola cadente in cima alla collina. Stava sempre seduta davanti alla sua casa intenta a filare una fusata di lana di pecora, attorcigliandola e tirandola in un filo grossolano. Doveva avere più di settant’anni, ma i suoi capelli erano ancora neri e lustri, accuratamente intrecciati e attorti intorno a due polite corna di mucca, ornamento che alcune delle contadine più vecchie portavano ancora. Mentre stava seduta al sole come un grosso rospo nero, con un’acconciatura scarlatta drappeggiata sulle corna di mucca, il fuso che andava su e giù, girando vorticosamente, e lei, con le dita indaffarate a sbrogliare il filo e a tirarlo, e la bocca vizza con la sua corona di denti rotti e anneriti spalancata, cantava a squarciagola, con voce rauca ma con grande vigore.»

Francesca

Contadine di Corfù in costume tradizionale

Contadine di Corfù in costume tradizionale

Non dire gatto se non ce l’hai sul fuso

•22 dicembre 2012 • 7 commenti

Il Filo da Torcere non si ferma davanti a nulla e coglie sempre l’occasione per sperimentare nuovi mondi. Per noi la nuova frontiera della filatura “estrema” si chiama pelo di gatto, o forse è più invitante chiamarlo ‘lana di gatto’. Sì sì, avete capito proprio bene.

Tutto cominciò quando una persona ci chiese di provare a trasformare un sacchetto intero del pelo dei suoi gatti in gomitoli: si tratta del sottopelo che viene via naturalmente dagli amici felini tramite spazzolatura, quindi una pratica quotidiana e totalmente indolore. Ammetto che subito l’idea non ci ha intrigate più di tanto, ma dopo una rapida prova di filatura col fuso abbiamo concluso che tuttavia non è così male.

Certo, la lana di gatto non è proprio l’ideale per chi ne è allergico o per chi prova una repulsione di fronte al pelo animale, ma per tutti gli altri si tratta di una fibra incredibilmente morbida, caldissima e piacevole al tatto; non presenta inoltre nessun odore “selvatico”, perché i gatti sono  animali notoriamente puliti.

Il sottopelo che stiamo filando noi è un mix di colori: beige, nocciola e grigio (ma non so a quale razza di gatti appartengano). Pensavamo che la fibra fosse troppo corta e scivolosa, tanto da doverci aggiungere una lana più “robusta” per fare “corpo”: invece, con un po’ di attenzione e con un fuso leggero, si riesce a filarla benissimo. Quindi, amici e amiche dei gatti (e del fuso) sappiate una cosa: filare la lana del vostro gatto, e creare oggetti unici e speciali, SI PUO’ FARE! Se siete ancora scettici, guardate il risultato qui sotto…

DSCF2547

DSCF2544

p.s.: non temete, per i cinofili abbiamo in cantiere anche la filatura della ‘lana di cane’!

Francesca

L’Artigiano in Fiera 2012 Milano Rho

•4 dicembre 2012 • Lascia un commento

Ed ecco una nuova occasione per Il filo da torcere di disseminare selvaggiamente qua e là biglietti da visita in carta riciclata, ma soprattutto… l’occasione ideale per assorbire idee e spunti da chi è già nel settore da tempo e con competenza e pazienza pratica l’artigianato a livello professionale.

La Fiera dell’Artigianato di Milano (Rho) è gigante e internazionale, perciò sarà terribile dover scegliere cosa vedere per bene e cosa invece tralasciare, dato che avremo un solo giorno a disposizione.

Insomma, non possiamo certo passare ore agli stands dei cake designer a sbavare davanti alle torte, rischiando di dimenticare qualche stand lanoso!! Eh!

Curiose/i, simpatizzanti, andate sul sito Artigiano in Fiera e lasciatevi tramortire dall’entusiasmo!

Ci vediamo in fieraaa!!! Yuhuuuu!!!

Lucia

Il filo da torcere ad Abilmente Edizione autunno 2012

•1 dicembre 2012 • 1 commento

Pensavate eh??!

Invece no.

Niente stand ovviamente, Il filo da torcere è ancora giovane ed inesperto, ma sempre a caccia di occasioni per imparare e conoscere il mondo dell’artigianato tessile!

Siamo entrate e…c’era il mondo!

Tantissime persone, soprattutto donne, che si muovevano  tra gli stands, parlavano, si contendevano oggetti…giravano con trolley pieni… Aiuto!!

Inghiottite da questa folla agguerrita, ci siamo mosse con difficoltà alla ricerca soprattutto di lana da filare e lana filata da lavorare…ma…c’è un ma.

Noi cercavamo prezzi ehm…molto bassi, prezzi amici insomma… e invece!

Non abbiamo trovato particolari differenze tra i prezzi di negozio e quelli proposti, pertanto abbiamo solo acquistato del materiale grezzo da filare. Forse siamo partite noi con l’idea sbagliata!

Peccato!

Ci sarebbe piaciuto tornare cariche di lana…o di strumenti.

Invece siamo tornate a casa cariche di…volantini e biglietti da visita! 😀

Avremmo voluto  inoltre, che  ci fosse l’imbarazzo della scelta di materiale da filare, questa volta abbiamo trovato uno stand solo…peccato, again!

Tuttavia è stato bellissimo gironzolare, commentare, ammirare tanti bellissimi lavori, creati con pazienza e cura; ma  tra le cose più belle della fiera è stato senza ombra di dubbio assistere alla preparazione del feltro by Eva Basile!

Basile and Co. Felting!!

Wow!  Rapida, efficace e quasi distratta nel crearlo..incredibile! Parlava, rideva, e nel frattempo lavorava.

Riusciranno le nostre eroine a fare un panno decente, senza buchi e con una lontana parentela con quelli più stracci della Basile?

Chi vivrà vedrà!

Lucia

Iqbal Masih

•1 dicembre 2012 • 1 commento

Oggi vi voglio narrare la storia di Iqbal Masih.

Iqbal era un bambino pakistano nato nel 1983 in una famiglia molto povera.

Da piccolo, circa all’età di cinque anni, fu venduto dal padre: in questo modo la famiglia saldò un debito contratto per far sposare la primogenita;

Iqbal valeva 26 dollari.

Iqbal, assieme ad altri bambini, si trovò a lavorare nella fabbrica di un venditore di tappeti.

Ogni giorno lavorava circa 14 ore per guadagnare una rupia soltanto, cioè circa 1 centesimo di Euro.

Era incatenato al telaio e se tentava di scappare poi veniva punito duramente: veniva sbattuto in una cisterna sotterranea .

Nel 1992 riuscì a sgattaiolare dalla sua prigione quotidiana e a partecipare alla “Giornata della Libertà”, creata dal “Fronte di liberazione dal Lavoro Schiavizzato”.

In quel frangente poté a denunciare le vergognose condizioni dei bambini-schiavi come lui.

Dal 1993 iniziò a presenziare a conferenze internazionali, sensibilizzando l’opinione mondiale sul tema dei  diritti dell’infanzia.

A Stoccolma, durante una conferenza, disse che gli unici strumenti di lavoro che un bambino dovrebbe impugnare sono la matita e la penna.

Purtroppo il 16 aprile del 1995 venne ucciso, a 13 anni.

Sembra che sia stato un omicidio organizzato, per farlo tacere, per evitare che continuasse a lavorare a favore degli schiavi bambini.

Nel 2000 venne insignito, alla memoria, del premio The world’s Children Prize.

Mi sono imbattuta per caso nella sua storia e ho voluto condividerla.

Pensavo che c’è sempre un rovescio della medaglia: tessere può essere un’attività piacevole, un passatempo, un lavoro gratificante…può.

Iqbal

Lucia

Lino e Ramiè

•2 novembre 2012 • Lascia un commento

Cari tutti,

dopo tanto paziente lavoro dedicato alla lana Brogna, ho deciso di dare un po’ di brio alla mia attività di filatrice aggiungendo dei nuovi materiali e la scelta è caduta su  lino e ramiè!

Tutto è nato dalla fiera tenutasi  a Vicenza: Abilmente Autunno 2012.

Mentre io Francesca e Margherita ci facevamo strada tra gli stands brulicanti di signore, abbiamo intravisto dei contenitori di plastica trasparenti pieni zeppi di materiali filabili.

Inutile dire che ci siamo fiondate.

Dopo una serie di pensieri scoordinati e sconnessi davanti a lana d’alpaca, mohair, seta (che bava…e non a caso!), canapa ecc ecc ecc…e dopo una altrettanto lunga serie di: “Wooow, oooh! Che bello!! Aaah!! Questa questa!! No quell’altra!!!!”

mi sono decisa ed ho acquistato un etto di lino color Terra di Siena e un etto di ramiè color bordeaux, giusto per fare la sofisticata 😀

In effetti c’erano altri bellissimi colori, tra i quali varie gradazioni di verde, ma alla fine i colori caldi hanno vinto.

Perchè scegliere proprio queste due fibre vegetali? Semplice: per provare a filare delle fibre non animali!!

Può sembrare banale, ma in effetti richiedono un impegno molto diverso.

Quando sono tornata a casa dalla fiera, ho subito voluto provare la filatura del ramiè e francamente il fuso non mi era mai caduto così tante volte! Le fibre sono liscissime, molto scivolose, il filo rischia di risultare disomogeneo e all’inizio confesso è stato un po’ frustrante. Anzi, mi sono proprio arrabbiata con me stessa.

Qualche tentativo maldestro mi è comunque servito per calibrare la preparazione della quantità di fibra da filare, la velocità e il peso della fusarola.

Il lino non l’ho ancora provato. Spero tanto di non ripetere l’esperienza del ramiè e di riuscire a fare un filo decente da subito, almeno non sprecherò fibre inutilmente!!

A presto con le foto degli sgorbietti filati!

Lucia

Energie d’autunno

•14 ottobre 2012 • Lascia un commento

Ecco, l’autunno. Ogni anno, puntualmente, i suoi colori mi sconvolgono e ne fanno la mia stagione preferita. Le giornate si accorciano, piove più spesso, il sole si vede un po’ meno ma quando c’è scalda ancora; a me, che non vado troppo matta per l’estate, l’autunno regala un’energia tutta particolare, che mi fa fremere le mani nella ricerca smaniosa di produrre qualcosa.

Natura morta con i frutti dell’autunno e matassa tinta con bucce di cipolla

L’autunno mi ricarica, come non sa fare neanche la primavera. E allora si carda, si fila, si doppia il filo già filato…ma soprattutto si tinge! Rigorosamente nei colori autunnali.

Bucce di cipolla dorata

In attesa di tingere le matasse col melograno, ho approfittato delle forse ultime giornate di sole intenso per sperimentare la tintura coi vasi solari usando le bucce di cipolla, rossa e dorata (ringrazio Maria, che mi ha fornito un gran numero di bucce).

Vaso solare con bucce di cipolla

Dunque, ho messo in un vaso di vetro una matassa di lana di circa 100 gr, premordenzata con sale marino, insieme a una manciata abbondante di bucce di cipolla dentro a una retina per capelli: ho usato questo espediente per recuperare rapidamente dal bagno-colore le bucce dopo 4-5 giorni, in modo da non farle marcire e poter continuare il processo di tintura sotto il sole.

So che le bucce di cipolla hanno bisogno di un gran calore per sprigionare il loro colore, quindi ho dato un “aiutino” al vaso solare versando dell’acqua molto calda. Dopo un’oretta l’acqua era già arancione, ma ci sono voluti un po’ di giorni perché la matassa assorbisse bene la tintura. Dopo una decina di giorni ho ripetuto il procedimento sulla stessa matassa, che quindi si è fatta un doppio bagno-colore.

Matassa tinta con le bucce di cipolla

Una volta estratta, ho passato la matassa nell’aceto bianco, per favorire il fissaggio della tinta; successivamente l’ho sciacquata con acqua calda e sapone, in modo che scaricasse il colore in eccesso: in effetti ha scaricato un pochino, ma non troppo. Il risultato, dopo l’asciugatura, è un beige-arancio molto caldo (forse la foto non lo valorizza quanto dovrebbe).

E’ un colore che mi soddisfa particolarmente, e mi ha ricordato subito un piatto di fumanti spaghetti al pomodoro. Detto fatto: dopo aver aggiunto una foglia di basilico, mangiateveli…con gli occhi!

Francesca

Vasi solari. Fiordalisi e fiori di fava

•14 ottobre 2012 • Lascia un commento

Dopo i primi esperimenti con i vasi solari mi sono sbizzarrita a fare prove di tintura con qualsiasi sostanza vagamente colorata che mi capitasse sottomano. Vi mostro qui due esempi: uno che, nonostante le ottime premesse, è risultato molto deludente; il secondo che, al contrario, ha dato un colore insperato.

Ho voluto sperimentare la tintura a freddo con i fiordalisi: non credo che sia ancora la stagione più favorevole per questi fiori, sta di fatto che il cespuglio che ho in giardino non vuole saperne di smettere di germogliare. Sapevo già che, nonostante lo sconvolgente colore viola-celeste, i fiordalisi non tingono di quella tonalità, tuttalpiù di beige (i misteri della chimica). Ma io che sono testona ho voluto provare lo stesso! Ho immerso nell’acqua fredda la matassina premordenzata con sale marino e ho aggiunto una decina di capolini fioriti; ogni giorno, man mano che spuntavano nuovi fiori li aggiungevo all’acqua. Ho lasciato il tutto al sole (per quanto ce n’è stato) per due settimane: il risultato è stato quello che conoscevo già. Infatti il bagno colore è diventato di un beige rosato, ma la matassina non ha assorbito praticamente quasi nulla, ora è di un bianco solo un po’ più sporco.

Quindi, tintura coi fiordalisi: da depennare!

Capolini di fiordalisi

Bagno colore di fiordalisi

Avete mai visto i fiori di fava? Io li trovo bellissimi e fatali, ricordano delle piccole orchidee bianche e nere. Quando cascano e si rinsecchiscono, diventanto completamente neri, sembrano dei carboncini: non ho potuto resistere! Ho fatto un tentativo premordenzando un cordoncino di lana bianca e immergendolo poi in un barattolino con acqua e quattro fiori di fava secchi, per una decina di giorni.

Fiori della pianta di fava

Fiori di fava freschi e secchi, campione di tintura

Non speravo che sarebbe uscito un colore accettabile, invece il cordoncino è diventato di un bel grigio uniforme! Ora sto raccogliendo tutti i fiori che cascano dalla mia pianta di fava e li conservo: non ho idea di quanti possano servirne per tingere una matassa intera, ma temo che ne servano un bel po’. Oppure hanno un alto grado di tintura e ne basta solo qualcuno… Ma questo lo scopriremo solo tingendo.

Francesca